Francesca Artoni

 

IO ABITO QUI
La fotografia come narrazione di territorio, memoria e trasformazione

Dal 7 aprile al 12 maggio 2025, la Galleria FIAF di San Felice sul Panaro ospiterà la mostra fotografica Io Abito Qui, personale di Francesca Artoni, artista e fotografa che esplora le connessioni tra spazio, memoria e identità. Attraverso tre progetti distintivi – Ponte Alto 6Il Gigante dai Piedi d’Argilla e Futopia Emilia – l’autrice costruisce un percorso emozionale che intreccia documentazione e ricerca artistica.

Una ricerca tra memoria e fragilità

Nata nel 1978 a Guastalla (RE), Francesca Artoni ha sempre coltivato la passione per l’arte, esplorando diverse forme espressive, dal disegno alla pittura, fino alla scrittura. Negli ultimi anni, il suo linguaggio si è evoluto verso la fotografia e il collage analogico, con un particolare interesse per il recupero della memoria collettiva attraverso immagini e materiali di recupero.

Il suo lavoro si concentra sulla rielaborazione della realtà, in una ricerca continua di significati che vadano oltre l’apparenza. La sua visione artistica si concretizza in una sperimentazione costante, che la porta a mescolare tecniche e discipline diverse, creando opere che parlano della fragilità umana e territoriale con un forte impatto visivo ed emozionale.

Tre progetti, un unico filo conduttore

Ponte Alto 6: il paesaggio dell’assenza

Ponte Alto 6 è un’indagine sulla trasformazione del territorio attraverso un dialogo tra passato e presente. Il progetto racconta il lento mutare di una zona liminale, un luogo della memoria dove il tempo sembra sospeso. Attraverso un uso evocativo della luce e delle ombre, Artoni cattura l’essenza di un’area che cambia sotto lo sguardo di chi la osserva, lasciando emergere ciò che resta e ciò che scompare.

Il Gigante dai Piedi d’Argilla: fragilità e resistenza

In Il Gigante dai Piedi d’Argilla, l’artista affronta il tema della precarietà e della vulnerabilità del territorio emiliano, scosso da eventi naturali e trasformazioni antropiche. Attraverso un uso materico della fotografia, Artoni compone immagini che evocano la fragilità di un gigante che si sgretola sotto il peso del tempo e delle intemperie. La serie si fa metafora della condizione umana e della lotta tra forza e instabilità.

Futopia Emilia: visioni di un domani possibile

Futopia Emilia è una riflessione sulle prospettive future del paesaggio emiliano. Con un approccio che mescola documentazione e immaginazione, Artoni crea un mosaico di immagini in cui la realtà si mescola alla visione utopica o distopica di un territorio in perenne trasformazione. Il progetto stimola una riflessione sul rapporto tra progresso, ambiente e identità culturale.

Un appuntamento da non perdere

L’inaugurazione della mostra si terrà lunedì 7 aprile 2025 alle ore 21:15 presso la Galleria FIAF di San Felice sul Panaro, in Via Montessori 39. L’esposizione sarà visitabile fino al 12 maggio 2025, con apertura ogni lunedì e giovedì dalle 21:00 alle 23:00.

Per ulteriori informazioni, visitare il sito ufficiale dell’autrice: www.artonifrancesca.it.

“DONNA SUL CARRO” di Bruno Madeddu

Galleria FIAF “LA FOTO DELL’ANNO”

La foto dell'anno

La foto dell’anno

La FIAF, Federazione Italiana Associazioni Fotografiche, promuove una Selezione denominata “LA FOTO DELL’ANNO”, riservata alle fotografie prime classificate nei Concorsi organizzati nel corso dell’anno, con l’aggiunta della foto più significativa che ha concorso all’assegnazione dell’eventuale Premio per il miglior Autore, oppure dell’eventuale migliore Opera assoluta.

Scopo dell’iniziativa è quello di individuare e divulgare le immagini più apprezzate dell’anno.

Tutte le fotografie vengono sottoposte alla valutazione della Giuria popolare. Le prime venti classificate, assieme ad ulteriori dieci immagini indicate da una Giuria di Esperti, hanno accesso alla fase finale della Selezione, effettuata da una Commissione composta da Esperti di Fotografia.

Gli Autori delle cinque immagini finaliste vengono invitati a partecipare al Galà di chiusura della Manifestazione, organizzato nell’ambito del Congresso Nazionale FIAF, a conclusione del quale viene proclamato e premiato l’Autore de “LA FOTO DELL’ANNO” e tale fotografia sarà successivamente pubblicata sulla copertina dell’”Annuario Fotografico Italiano FIAF”.

“La Foto dell’Anno 2016” è stata “DONNA SUL CARRO” di Bruno Madeddu (foto di locandina).

La Mostra di tutte le opere finaliste dell’anno 2016 è stata presentata in occasione del 69° Congresso Nazionale FIAF tenutosi a Sestri Levante dal 19 al 23 Aprile 2017 e tutte le foto finaliste sono state pubblicate sulla Rivista “Fotoit” accompagnate da una nota critica.

Tutte le foto finaliste costituiscono la presente Mostra itinerante gestita dal “Dipartimento Grandi Mostre” della FIAF, che nel primo anno, successivo a quello di riferimento del Premio, viene esposta nelle Gallerie FIAF dislocate sul territorio nazionale.

Al termine del ciclo espositivo la Mostra entrerà a far parte dell’Archivio del “Centro Italiano della Fotografia d’Autore” di Bibbiena (AR).

 

Il Direttore della Galleria FIAF

Paolo Ferrari

Mostra: TESTIMONE DELLA PROPRIA SOGGETTIVITA’ – Fabrizio Tempesti

Mostra: TESTIMONE  DELLA PROPRIA SOGGETTIVITA’ – Fabrizio Tempesti

«Le mie fotografie nascono sempre da una necessità interiore, da un’esperienza dello spirito. […] Ho una visione della vita, e talvolta cerco di trovare l’equivalente sotto forma di fotografie.»1 In questa concisa asserzione che Alfred Stieglitz stilò quasi un secolo addietro, c’è tutta l’essenza del “fare fotografia” in quanto proiezione del proprio io, della propria individualità, della propria unicità fatta di esperienze, di situazioni, di cultura e di sensibilità. Il fotografo, secondo Stieglitz (e non solo secondo il grande fotografo e gallerista statunitense), è colui che, attraverso gli “equivalenti”, ritrae i propri stati d’animo, e riesce quindi a rivelare l’invisibile tramite il visibile, l’interno attraverso l’esterno. Ovverosia, come affermava Roland Barthes, «il fotografo è essenzialmente testimone della propria soggettività, cioè del modo in cui si pone come soggetto di fronte a un oggetto.»2

In altre parole, l’atto fotografico non può essere altro che un gesto interpretativo conseguente alle caratteristiche culturali, sociali, ideologiche ed etiche del fotografo, nonché ai condizionamenti di varia natura del contesto.

Tutto ciò ci fa capire che una fotografia non ci parla mai solo di chi o di cosa sta davanti all’obiettivo, ma anche (e talvolta soprattutto) di chi si trova dietro ad esso, con tutte le sue caratteristiche sensoriali, non necessariamente solo visive, ma anche mentali, cognitive ed emozionali. Perché prima di tutto siamo uomini, con le nostre propensioni, le nostre capacità e le nostre debolezze, e solo in un secondo tempo siamo fotografi.

Ordunque, l’opera di Fabrizio Tempesti, il suo lavoro (in pratica tutto il suo lavoro, da quello delle immagini di stampo marcatamente concorsuale degli inizi, fino agli ultimi portfolio, ponderati e maturi, realizzati negli anni più recenti), sembra essere un’implicita conferma di quanto detto. Dietro all’obiettivo c’è un uomo che ha la coscienza del suo ruolo, un uomo innamorato della fotografia in quanto strumento di ricerca, di riflessione, di sviluppo intellettuale, e quindi di cultura. Dietro all’obiettivo c’è un fotografo poco incline a cercare facili gratificazioni attraverso lo sfoggio della propria creatività. C’è, invece, un autore che, tramite il medium fotografico, preferisce rappresentare il “fuori” attraverso il suo “dentro”, e che nell’immagine proietta, con onestà intellettuale, le sue sensazioni e il suo vissuto, consapevole di dare spazio e corpo a qualcosa che va oltre al rappresentato. La fotografia è uno strumento che consente di esprimere impressioni ed emozioni, opinioni e idee, è un mezzo che consente di esteriorizzare sentimenti, movimenti dell’animo; come lo stupore destato dalla contagiosa allegria a metà prezzo degli “happy hour”, oppure la compassione e la partecipazione per l’assordante silenzio della casa di guerra, o ancora la rispettosa carità per i morti del Macrolotto di Prato.

Una fotografia fatta senza avere qualcosa da dire è una fotografia vuota, una fotografia senz’anima. Lo sa bene Fabrizio. Le sue, per chi le sa cogliere, sono emozioni sincere, trasparenti e, in quanto tali,  catalizzatrici di altre emozioni.

FULVIO MERLAK

Fabrizio Tempesti – biografia

Fabrizio Tempesti è nato e risiede a Prato. Si avvicina alla fotografia negli anni del liceo (‘68) ma inizia a fotografare con impegno e stampare il bianco e nero nel 1977, anno di iscrizione al Fotoclub Il Bacchino BFI di Prato. Dopo le prime ammissioni arrivano numerosi premi ad importanti concorsi valevoli per la statistica FIAF. E’ animatore di significative attività culturali, direttore del Dipartimento Manifestazioni FIAF e Consigliere Nazionale per 9 anni, attività che gli valgono le onorificenze BFI ed ESFIAP. Nel maggio 2013 gli viene conferita anche quella di IFI (Insigne Fotografo Italiano).

Alcune sue pubblicazioni sono: Reperti Industriali (1982); Prato, Città di Mercanti (1983); I sassi acuti della Calvana (1993); Il tempo dei cento colpi (1996); Storie diverse di gente comune (2014). Ha esposto nelle collettive Un Paese unico, Italia fotografie (Alinari, 1997); Immagini del gusto (FIAF-Slow Food, 2005 e FIAF 2008); 17 marzo 2011, Una giornata Italiana; Casa di guerra (CIFA Bibbiena, fase finale Portfolio Italia 2013); Manichini della Moda (CIFA Bibbiena, fase finale Portfolio Italia 2014, 2° premio ex aequo). Nel 2015 è uno dei dieci Testimonial Samsung per il progetto della FIAF Tanti per Tutti, viaggio nel volontariato italiano e nel 2016 la Federazione Italiana Associazioni Fotografiche lo nomina Autore dell’Anno.